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Sabina Camani

Il Rap di Sinestè

Il Rap di Sinestè

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Lo chiamano “Klang Garten”: Il Giardino dei suoni. Si tratta del Giardino Botanico di Merano, uno tra i più famosi e spettacolari del mondo intero. Il castello che lo domina fu per anni il “Buen retiro” di Sissi, Imperatrice Austro ungarica.

Qualche anno fa trascorsi un lungo periodo, dopo un incidente, nel centro fisioterapico di riabilitazione di Martinsbrunn.Il centro sorge vicinissimo al Giardino botanico. Fu costruito parecchi anni fa proprio dai tre protagonisti del racconto, uno dei quali divenne poi, sindaco di Bolzano. In quel luogo la Musica veniva usata al pari di ogni altra cura o medicina.

Quando vi giunsi, il primo compito che la mia fisioterapista mi assegnò fu di pronunciare le sillabe: Ma, Me, Mi, Mo, Mu, scandendole in quarti, in ottavi e in sedicesimi, e quindi ricominciare. Era un semplice esercizio di vocalità, ma eseguito in un certo modo, ha il potere di ossigenare il cervello, di placare l’ansia e di produrre lunghi e profondi respiri.

Mi restituì la speranza prima e la forza poi, per ricominciare a muovermi. Volevo narrare di quel luogo, sia per la sua storia singolare e davvero magica, sia perché una mattina di sole splendente e di aria frizzante e profumata, mentre passeggiavo nel Klang Garten, fui avvolta da una miriade di veloci faville di luce che il vento faceva filtrare tra le folte chiome degli olmi secolari.

Fui certa allora e lo sono ancora adesso che uno di quei piccoli scintillii, passandomi accanto mi avesse sussurrato qualcosa… Forse fu una mia impressione dovuta alla particolare bellezza del posto in cui mi trovavo, o forse no.

Sentii però il desiderio profondo di salvare quei ricordi perché qualcosa in quel luogo mi aveva “toccata”. Qualcosa che riuscivo a chiamare con un solo nome: Magia.

Questa sensazione divenne ancora più vivida dentro di me quando Grazia Velvet Capone cominciò a mostrarmi le tavole che creava leggendo il racconto. Tra le parole dei testi e le immagini che lei ne traeva pareva esserci un’energia esterna che le sinergizzava. Grazia leggeva, e traduceva i contenuti con immagini che ne sottolineavano i significati rendendoli emozioni dirette.
Prese vita così la terza e ultima parte del libro, quella dedicata a noi adulti, che magari abbiamo un po’ dimenticato, ma a volte ascoltando il suono del vento tra gli alberi o immergendo le narici in una gioia di petali di rosa, per un attimo, la sentiamo ancora sussurrare:

«Sono fata Sinestè! Vuoi giocare un po’ con me?»

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